Assegno di Mantenimento

Investigazioni Private

ASSEGNO DI MANTENIMENTO

È possibile richiedere la rivalutazione dell'importo dell'assegno di mantenimento nel caso in cui la situazione economica di uno dei coniugi subisca variazioni significative. DBD Investigazioni, tramite indagini specifiche, si occupa di verificare il reale stile di vita e il patrimonio del coniuge che ha richiesto l'assegno di mantenimento in seguito a una separazione legale. Queste indagini sono fondamentali per ridefinire o annullare l'assegno che potrebbe risultare sproporzionato o non veritiero rispetto alla situazione effettiva.

Il servizio offerto da DBD Investigazioni proteggerà il richiedente dell'assegno attraverso prove fotografiche e informazioni certificate nel caso in cui la controparte menta riguardo alla propria condizione economica. Verranno condotte indagini approfondite, sarà accertata la situazione lavorativa e verrà documentato il reale tenore di vita al fine di redigere una relazione finale dotata di valore legale.

Per quanto riguarda l'assegno di mantenimento, è importante sottolineare che la Corte di Cassazione ha stabilito che una persona perde il diritto all'assegno di mantenimento se inizia una convivenza stabile con un'altra persona, anche senza che ci sia un matrimonio formale. Ciò è stato stabilito nella sentenza della Cassazione n. 6855/2015.

ASSEGNO DI MANTENIMENTO – FIGLIO MAGGIORENNE CONVIVENTE CON IL CONIUGE SEPARATO – SPETTANZA – FINO AL CONSEGUIMENTO DELLO STATUS DI AUTOSUFFICIENZA ECONOMICA – SUSSISTE (CC, ARTICOLO 155)

Il diritto del coniuge separato a ricevere l'assegno di mantenimento, come previsto dall'articolo 155 del Codice Civile, si basa su due fondamenti. In primo luogo, c'è l'elemento oggettivo della convivenza con un figlio maggiorenne, che suggerisce la persistenza dell'obbligo di mantenimento. In secondo luogo, vi è il dovere di garantire all'interessato un'istruzione e una formazione professionale proporzionate alle capacità del figlio, nonché alle condizioni economiche e sociali dei genitori, al fine di consentirgli di acquisire un'adeguata indipendenza economica.

Questo dovere cessa quando il figlio raggiunge uno stato di autosufficienza economica, ovvero quando guadagna un reddito compatibile con la professionalità acquisita, indipendentemente dalle normali condizioni di mercato. Tuttavia, spetta al giudice di merito valutare se il reddito percepito sia effettivamente sufficiente, al fine di escludere la cessazione dell'obbligo di mantenimento da parte del genitore non affidatario. Pertanto, il giudice considererà ogni circostanza specifica e determinerà se il reddito del figlio sia effettivamente insufficiente per garantire un adeguato sostentamento, tenendo conto delle condizioni di mercato e delle altre variabili pertinenti.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 21 gennaio 2011 n. 1476 – Pres. Luccioli; Rel. Mercolino; Pm (conf.) Russo

ASSEGNO DI MANTENIMENTO – PRESUPPOSTI – ACCERTAMENTO DEL TENORE DI VITA MATRIMONIALE – CONTENUTO (CC, ARTICOLO 156)

L'articolo 156 del Codice Civile stabilisce che il coniuge non responsabile per la separazione ha il diritto di ricevere un assegno di mantenimento dall'altro coniuge. Questo diritto non è limitato soltanto ai casi di indigenza assoluta, ma si estende a tutte le situazioni in cui il coniuge richiedente non sia in grado di mantenere, durante la separazione, lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio, purché tale tenore di vita corrisponda alle possibilità economiche complessive dei coniugi e vi sia una disparità reddituale che giustifichi l'assegno come mezzo di riequilibrio.

Il giudice, al fine di determinare se l'assegno di mantenimento sia dovuto, deve valutare in primo luogo il tenore di vita precedentemente goduto dal coniuge richiedente e successivamente stabilire se quest'ultimo sia in grado di mantenerlo con le proprie risorse durante la separazione. La mancanza di mezzi propri è una condizione necessaria per avere diritto all'assegno. Il tenore di vita matrimoniale viene presumibilmente determinato sulla base dei redditi complessivi percepiti dai coniugi durante il matrimonio, con particolare attenzione al momento della sua cessazione. Si devono considerare non solo i redditi da lavoro di entrambi i coniugi, ma anche altri redditi e benefici derivanti da proprietà immobiliari, anche se non generano reddito effettivo.

In definitiva, la determinazione dell'assegno di mantenimento dipenderà dalla valutazione del tenore di vita precedente, delle risorse finanziarie disponibili durante la separazione e della disparità reddituale tra i coniugi, al fine di garantire un equo riequilibrio.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 4 febbraio 2009 n. 2707 – Pres. Luccioli; Rel. Salvago; Pm (conf.) Martone

ASSEGNO DI MANTENIMENTO – SPETTANZA – INATTIVITÀ LAVORATIVA DEL RICHIEDENTE – RILEVANZA – LIMITI (CC, ARTICOLI 147,155 E 156)

Perché sia riconosciuto l'assegno di mantenimento nella separazione tra i coniugi, è necessario che siano presenti determinati presupposti. Innanzitutto, la separazione non deve essere addebitabile al coniuge che richiede l'assegno. Inoltre, il richiedente deve dimostrare di non avere redditi adeguati per mantenere il precedente tenore di vita, mentre deve essere presente una disparità economica tra le parti.

Tuttavia, l'inattività lavorativa del coniuge richiedente può costituire una ragione per escludere l'obbligo di corresponsione dell'assegno da parte dell'altro coniuge solo se è dimostrato che tale inattività deriva dal suo rifiuto effettivo e concreto di opportunità di lavoro, non meramente ipotetiche.

In sintesi, per ottenere l'assegno di mantenimento nella separazione, è necessario dimostrare la non addebitabilità della separazione, la mancanza di redditi sufficienti per mantenere il tenore di vita precedente e la presenza di una disparità economica tra i coniugi. Tuttavia, se il coniuge richiedente è inattivo dal punto di vista lavorativo, l'obbligo di corresponsione dell'assegno può essere estinto solo se si dimostra che tale inattività è il risultato di un rifiuto reale di opportunità di lavoro, non solo ipotetiche.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 21 novembre 2008 n. 27775 – Pres. Morelli; Rel. Salmè; Pm (diff.) Schiavon

ASSEGNO PER I FIGLI MAGGIORENNI – CESSAZIONE – INIZIO DI ATTIVITÀ LAVORATIVA RETRIBUITA – CONDIZIONI (CC, ARTICOLO 155)

Nel caso di separazione o divorzio tra i genitori, l'obbligo di pagare il contributo di mantenimento per i figli maggiorenni al coniuge con cui vivono cessa solo se il genitore obbligato dimostra che i figli hanno raggiunto l'indipendenza economica, percependo un reddito adeguato alla loro professionalità in base alle normali condizioni di mercato, oppure se i figli volontariamente si sottraggono a svolgere un'attività lavorativa adeguata.

Una volta dimostrato l'inizio di un'attività lavorativa retribuita, la valutazione sull'esiguità del reddito realizzato, in relazione alle circostanze del caso, costituisce una valutazione discrezionale che non può essere oggetto di censura in cassazione se è stata motivata.

In sostanza, l'obbligo di versare il contributo di mantenimento per i figli maggiorenni continua fino a quando non si dimostra che essi sono diventati economicamente indipendenti, guadagnando un reddito congruo alla loro professionalità e alle normali condizioni di mercato, o se rifiutano volontariamente di svolgere un lavoro adeguato. La valutazione sull'entità del reddito realizzato, al fine di escludere o ridurre l'assegno di mantenimento, spetta al giudice e non può essere oggetto di revisione in cassazione se è stata adeguatamente motivata.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 27 giugno 2011 n. 14123 – Pres. Luccioli; Rel. Campanile; Pm (conf.) Zeno; Ric. Rubbiani; Controric. Volpe

ASSEGNO PER IL FIGLIO MINORE – BUONE RISORSE ECONOMICHE DELL’OBBLIGATO – RILEVANZA (CC, ARTICOLO 155)

Per stabilire l'importo dell'assegno di mantenimento a favore del figlio minore, le buone risorse economiche del genitore obbligato sono rilevanti non solo in relazione alla proporzione del contributo dovuto dall'altro genitore, ma anche per garantire una soddisfazione più ampia delle esigenze del figlio. Questo perché i bisogni, le abitudini, le legittime aspirazioni e le prospettive di vita del figlio dipendono inevitabilmente dal livello socioeconomico del genitore.

In altre parole, le buone risorse economiche del genitore obbligato contribuiscono a garantire al figlio un tenore di vita adeguato, considerando le sue esigenze specifiche, le sue abitudini e le prospettive future. Pertanto, tali risorse economiche sono un elemento importante nella determinazione dell'assegno di mantenimento, al fine di assicurare al figlio minori condizioni di vita adeguate al contesto socioeconomico in cui il genitore si trova.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 21 giugno 2011 n. 13630 – Pres. Luccioli; Rel. Campanile; Pm (conf.) Zeno; Ric. Palumbo; Controric. Marini

CASA CONIUGALE O FAMILIARE – ASSEGNAZIONE SOLO IN PRESENZA DI AFFIDAMENTO DI FIGLI MINORI O MAGGIORENNI NON AUTOSUFFICIENTI – SUSSISTE (CC, ARTICOLO 155 E 1102)

La questione della separazione o del divorzio riguardo all'assegnazione della casa familiare è incentrata sulla tutela degli interessi dei figli, mirando a preservare l'ambiente domestico come centro degli affetti, degli interessi e delle abitudini familiari. Pertanto, è essenziale che vi sia la responsabilità genitoriale dei figli minori (o la convivenza con figli maggiorenni non autosufficienti). Sebbene l'assegnazione della casa familiare possa avere implicazioni economiche evidenti, non può essere disposta con l'obiettivo di soddisfare le esigenze finanziarie del coniuge più debole, il cui sostegno è fornito unicamente tramite l'assegno di mantenimento.

Di conseguenza, se tale requisito non è soddisfatto perché i figli si sono già trasferiti dalla residenza familiare, viene meno la ragione per l'applicazione di tale istituto. Questo principio si applica anche se il coniuge già affidatario della casa familiare è comproprietario dell'immobile in questione. Tuttavia, si deve considerare l'ipotesi di un accordo, anche implicito, tra le parti riguardo a questa questione. In caso contrario, i rapporti tra gli ex coniugi sono regolati dalle norme sulla comunione, in particolare dall'articolo 1102 del Codice Civile.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 17 luglio 2009 n. 16802 – Pres. Luccioli; Rel. Bernabai; Pm (conf.) Pratis

CASA CONIUGALE O FAMILIARE – IN LOCAZIONE – PROVVEDIMENTO DEL GIUDICE – EFFETTI SUL RAPPORTO CONTRATTUALE (LEGGE 392/1978, ARTICOLO 6)

Il provvedimento del giudice della separazione determina automaticamente la fine del contratto di locazione per il coniuge che non ha ottenuto l'assegnazione dell'immobile. Questo significa che il coniuge originario conduttore non può più riprendere il rapporto di locazione. In pratica, si considera simbolicamente che l'immobile venga restituito al locatore da parte del coniuge originario conduttore, mentre viene consegnato in senso figurato al nuovo conduttore, che è il coniuge assegnatario.

Corte di cassazione, sezione III civile,sentenza 30 aprile 2009 n. 10104 – Pres. Di Nanni; Rel. Massera; Pm (conf.) Marinelli

CONDIZIONI PER IL DIRITTO AL MANTENIMENTO – VALUTAZIONE DA PARTE DEL GIUDICE DI ELEMENTI DIVERSI DAL REDDITO DELL’ONERATO – SUSSISTE (CC, ARTICOLO 156)

Le condizioni per il diritto al mantenimento a favore del coniuge non responsabile della separazione includono due requisiti principali. In primo luogo, il coniuge richiedente non deve possedere un reddito sufficiente per mantenere uno stile di vita simile a quello mantenuto durante il matrimonio. Questo significa che i redditi propri del richiedente devono essere inadeguati per garantire un tenore di vita paragonabile a quello vissuto durante il matrimonio.

In secondo luogo, deve esistere una disparità economica tra le parti. Ciò implica che deve esserci una differenza significativa nelle risorse finanziarie tra i coniugi. La base di riferimento per valutare questa disparità è rappresentata dalle risorse economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio, che influiscono sulla qualità delle necessità e sull'entità delle aspettative del coniuge richiedente.

Nel determinare l'ammontare del mantenimento, devono essere presi in considerazione anche elementi fattuali di natura economica che, pur diversi dal reddito del coniuge tenuto al pagamento, possono avere un impatto sulle condizioni delle parti. Questi elementi possono essere valutati anche in termini economici, contribuendo alla valutazione complessiva della situazione finanziaria dei coniugi coinvolti.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 24 luglio 2007 n. 16334 – Pres. Criscuolo; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Caliendo; Ric. Di Laudo, Controric. Di Carlo

MANTENIMENTO DEI FIGLI – APPLICABILITÀ DEI PRINCIPI DI CUI ALL’ARTICOLO 147 DEL CC – SUSSISTE – DETERMINAZIONE DEL CONCORSO NEGLI ONERI FINANZIARI – CRITERI (CC, ARTICOLI 147 E 148)

Dopo la separazione tra coniugi, è riconosciuto il diritto della prole a un mantenimento che assicuri loro uno standard di vita adeguato, in linea con le risorse economiche della famiglia e simile, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza. Questo principio si basa sull'articolo 147 del Codice Civile, che impone ai genitori il dovere di provvedere al sostentamento, all'istruzione e all'educazione dei figli. Tale obbligo comprende una vasta gamma di esigenze, non limitate al solo supporto finanziario, ma estese agli aspetti abitativi, culturali, scolastici, sportivi, sanitari, sociali, nonché all'assistenza morale e materiale. I genitori sono tenuti a organizzare un ambiente domestico stabile e idoneo a soddisfare tutte le necessità di cura ed educazione dei figli fino a quando ne avranno bisogno.

Nel determinare la partecipazione finanziaria di ciascun genitore, il parametro di riferimento non si limita alle risorse economiche, ma include anche la capacità lavorativa, sia professionale che casalinga, di entrambi i coniugi. Ciò implica una valutazione delle potenzialità reddituali effettivamente accertate.

In sintesi, il diritto della prole a un mantenimento adeguato dopo la separazione dei genitori si basa sull'obbligo di garantire un tenore di vita simile a quello precedentemente goduto, considerando le risorse economiche disponibili e la capacità lavorativa di ciascun genitore. Questo assicura che le esigenze dei figli siano soddisfatte non solo dal punto di vista materiale, ma anche in termini di educazione, cura e supporto.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 19 maggio 2009 n. 11538 – Pres. Vitrone; Rel. Giancola; Pm (conf.) Pratis

MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE – PRESUPPOSTI – VENIR MENO DI UN INTROITO PER L’OBBLIGATO – SUFFICIENZA – ESCLUSIONE (CC, ARTICOLO 156)

L'articolo 156, ultimo comma, del Codice Civile stabilisce che per poter modificare le condizioni di separazione è necessario che siano presenti giustificati motivi, tra cui i cambiamenti nelle condizioni economiche delle parti che alterino l'equilibrio complessivo stabilito durante la separazione. Non è sufficiente la semplice cessazione di un determinato reddito di cui l'obbligato usufruiva o la vendita di un bene da parte sua. Affinché l'obbligato possa richiedere e ottenere la modifica dell'assegno stabilito durante la separazione, deve fornire prove del cambiamento di tale equilibrio in conseguenza di tali eventi.

In altre parole, la modifica delle condizioni di separazione richiede un mutamento significativo delle circostanze che influisca sull'equilibrio finanziario tra le parti. La semplice perdita di un reddito o la vendita di un bene da parte dell'obbligato non sono sufficienti di per sé per giustificare una modifica delle condizioni. È necessario dimostrare che tali eventi abbiano effettivamente modificato l'equilibrio finanziario stabilito durante la separazione.

Questa disposizione mira a garantire che le richieste di modifica delle condizioni di separazione siano basate su giustificati motivi, in modo da preservare la stabilità e l'equità delle disposizioni originariamente concordate.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 maggio 2008 n. 11487 – Pres. Vitrone; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Velardi

MORTE DI UNO DEI CONIUGI IN PENDENZA DEL GIUDIZIO DI SEPARAZIONE – EFFETTI – RILEVANZA SULLE DOMANDE ACCESSORIE DI RIVENDICA – ESCLUSIONE (CC, ARTICOLI 581 E 948)

Se uno dei coniugi muore durante il procedimento di separazione personale, ciò comporta la dichiarazione di cessazione della disputa in corso, comprese le richieste accessorie riguardanti la regolamentazione dei rapporti patrimoniali legati alla fine della convivenza. Tuttavia, rimangono valide le richieste autonome che sono state presentate nello stesso procedimento e che riguardano diritti e rapporti patrimoniali indipendenti dalla modifica dello status personale. In tali casi, gli eredi subentrano nel processo e possono continuare il procedimento in relazione a tali richieste.

In sostanza, la morte di uno dei coniugi durante il procedimento di separazione personale porta alla chiusura delle questioni inerenti alla separazione stessa, inclusi i dettagli patrimoniali collegati alla fine della convivenza. Tuttavia, se ci sono altre richieste che riguardano questioni patrimoniali indipendenti dallo status personale, queste possono essere perseguite dagli eredi che subentrano nel procedimento.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 20 novembre 2008 n. 27556 – Pres. Luccioli; Rel. Panzani; Pm (conf.) Ciccolo

PROVVEDIMENTI PRESIDENZIALI IN RELAZIONE AI FIGLI – EFFICACI ANCHE SE SOPRAGGIUNGE IN SEDE ECCLESIASTICA UNA SENTENZA DI NULLITÀ DEL MATRIMONIO – SUSSISTE (CPC, ARTICOLO 708)

I provvedimenti riguardanti i figli, emessi in sede presidenziale (ovvero dal presidente del tribunale), mantengono la loro validità fino a quando non venga emesso un nuovo provvedimento che li sostituisca, anche nel caso in cui una sentenza di nullità matrimoniale pronunciata in sede ecclesiastica ponga fine alla disputa riguardante la richiesta principale di separazione.

In altre parole, se durante il procedimento di separazione è emesso un provvedimento presidenziale che regola le questioni relative ai figli, questo provvedimento rimane efficace e vincolante fino a quando non viene adottato un nuovo provvedimento che lo sostituisca. Questo vale anche nel caso in cui una sentenza di nullità matrimoniale, emessa da un'autorità ecclesiastica, ponga fine alla controversia principale riguardante la separazione.

L'obiettivo di questa disposizione è garantire la continuità e la stabilità delle disposizioni riguardanti i figli, anche in presenza di una sentenza di nullità matrimoniale pronunciata in sede ecclesiastica che ponga fine alla domanda di separazione principale.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 25 giugno 2008 n. 17335 – Pres. Luccioli; Rel. Forte; Pm (conf.) Schiavon

REVISIONE DELLE CLAUSOLE – DECRETO EMESSO IN APPELLO – IMPUGNABILITÀ CON IL RICORSO STRAORDINARIO EX ARTICOLO 111 DELLA COSTITUZIONE – AMMISSIBILITÀ (CC, ARTICOLO 156; CPC, ARTICOLI 115, 116, 710 E 711)

Prima della modifica dell'articolo 360 del Codice di Procedura Civile (CPC) apportata dal Decreto Legislativo 40/2006, il decreto emesso in camera di consiglio dalla Corte d'appello in seguito a un reclamo contro le decisioni adottate dal tribunale riguardo alla richiesta di revisione delle clausole di separazione consensuale omologata poteva essere impugnato davanti alla Corte di Cassazione mediante ricorso straordinario ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione, affermando una violazione di legge. Tale violazione comprendeva anche la totale mancanza o l'apparenza meramente formale di motivazione, e non era possibile richiedere una revisione della motivazione ai sensi del numero 5 dell'articolo 360 del CPC. La semplice deduzione formale di una violazione dell'articolo 156 del Codice Civile o degli articoli 115 e 116 del Codice di Procedura Civile non aveva alcun valore.

In altre parole, prima della modifica dell'articolo 360 del CPC, il ricorso alla Corte di Cassazione contro il decreto emesso dalla Corte d'appello riguardante la revisione delle clausole di separazione consensuale omologata poteva essere basato su una violazione di legge, inclusa la mancanza o l'apparenza meramente formale di motivazione. Tuttavia, non era possibile richiedere un controllo sulla motivazione in base al numero 5 dell'articolo 360 del CPC. La mera deduzione formale di una violazione degli articoli 156 del Codice Civile o degli articoli 115 e 116 del Codice di Procedura Civile non era sufficiente.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 maggio 2008 n. 11489 – Pres. Luccioli; Rel. Giusti; Pm (conf.) Schiavon

REVISIONERICHIESTA DI ADDEBITO – DOMANDA AUTONOMA – IMPUGNAZIONE SUL CAPO SPECIFICO – EFFETTI (LEGGE 898/1970, ARTICOLI 3 E 4)

Nel contesto del procedimento di separazione personale dei coniugi, la richiesta di addebito, sebbene possa essere presentata solo all'interno del procedimento di separazione, ha natura di domanda autonoma. Questa richiesta richiede un'iniziativa da parte di una delle parti e si sottopone alle regole e alle preclusioni stabilite per le domande, avendo una causa petendi (la base giuridica) e un petitum (la richiesta specifica) distinti da quelli della domanda di separazione stessa.

Di conseguenza, in assenza di ragioni sistematiche contrarie e di norme derogatorie all'articolo 329, comma 2, del Codice di Procedura Civile (CPC), l'impugnazione proposta esclusivamente in relazione all'addebito contro una sentenza che ha pronunciato la separazione e, contemporaneamente, ha dichiarato l'addebitabilità, comporta la definitività del capo sulla separazione. Ciò rende possibile l'azione di divorzio anche se l'impugnazione relativa all'addebito è ancora pendente.

In altre parole, se una parte decide di impugnare la sentenza di separazione solo per quanto riguarda l'addebito della separazione, tale impugnazione non influirà sulla definitività del capo che riguarda la separazione stessa. Pertanto, durante la pendenza di tale impugnazione, l'azione di divorzio può essere esperita, a condizione che non vi siano disposizioni sistematiche o norme derogatorie che impediscano questa possibilità.

Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 8 aprile 2011 n. 8050 – Pres. Carnevale; Rel. Felicetti; Pm (conf.) Russo

D I V O R Z I O
  1. La quantificazione dell'assegno di divorzio richiede un'apprezzabile ricostruzione delle posizioni patrimoniali dei coniugi, che dimostri l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a mantenere uno stile di vita simile a quello del matrimonio. L'assetto economico stabilito durante la separazione può essere un utile punto di riferimento per valutare il tenore di vita durante il matrimonio e le condizioni economiche dei coniugi.

  2. Per determinare l'assegno di divorzio, è necessario considerare anche i beni immobili a disposizione dei coniugi, valutandone la disponibilità diretta per soddisfare le proprie esigenze o il loro potenziale reddito.

  3. La revisione dell'assegno di divorzio richiede una modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi che possa influire sull'assetto precedentemente stabilito. Non è consentita una rivalutazione degli elementi presi in considerazione nella determinazione originaria dell'assegno, ma solo una valutazione delle circostanze sopravvenute che giustifichino un adeguamento dell'assegno stesso.

  4. L'uso di una casa di abitazione può essere considerato nell'individuazione dell'assegno di divorzio come un'utile valutazione della consistenza patrimoniale dei coniugi. L'utilizzo della casa costituisce un risparmio di spese che sarebbero sostenute per un'altra forma di alloggio e deve essere valutato economicamente.

  5. Per accertare il diritto all'assegno di divorzio, è necessario verificare se i mezzi del coniuge richiedente siano inadeguati a mantenere uno stile di vita simile a quello goduto durante il matrimonio. Il tenore di vita può essere desunto dalle potenzialità economiche dei coniugi, inclusi i redditi e le disponibilità patrimoniali al momento del divorzio.

  6. Il decreto della Corte d'appello emesso in sede di reclamo contro il decreto del tribunale che modifica le disposizioni patrimoniali della sentenza di divorzio può essere impugnato con un ricorso per cassazione. Tuttavia, la cassazione è limitata alle violazioni di legge, compresa l'omissione di motivazione.

  7. L'assegno di divorzio decorre dalla data in cui la sentenza di divorzio diventa definitiva. Tuttavia, il giudice può stabilire, in base alle circostanze, che l'assegno decorra dalla data della domanda di divorzio. In tal caso, il giudice deve motivare adeguatamente la sua decisione.

  8. La nascita di un figlio non costituisce di per sé prova sufficiente per dimostrare una convivenza more uxorio tra i genitori che giustifichi una revisione dell'assegno di divorzio.

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